Sulla via dell’inclusione
Ogni insegnante di educazione fisica si è probabilmente già ritrovato di fronte ad allievi con bisogni e desideri particolari. In questi casi la domanda che sorge spontanea è la seguente: come fare ad integrare questa differenza nella lezione?
«I maschi vogliono giocare a calcio, le ragazze a pallavolo. E cosa ne è di Davide? La sua menomazione gli impedisce di calciare e di passare palla. Vaga sul terreno di gioco senza un ruolo preciso. Come può agire il docente di educazione fisica? Giochi come palla bruciata o palla cacciatore sono frustranti sia per Davide che per il resto della classe. Come conciliare esigenze così diverse?» (tratto da: sportpädagogik, 4/2003).
Bisogni particolari
Allieve ed allievi con interessi ed abilità diversi sono all’ordine del giorno ad ogni livello di insegnamento. Willibald Weichert ha espresso in termini chiari e precisi i quesiti che arrovellano i docenti confrontati con situazioni di forte eterogeneità.
«Quali accorgimenti didattici: agevolano l’integrazione degli allievi che presentano esigenze formative particolari? Come si può aggirare l’aspetto caritatevole cui si ricorre quasi automaticamente e che non giova agli allievi diversamente abili? È molto semplice: bisogna scegliere attività motorie che stimolino la collaborazione, il dialogo e il divertimento fra gli allievi normodotati e disabili.»
Nuove regole sin dall’inizio
L’intento è nobile ma non sempre lo si può attuare nella sua forma più completa ed assoluta. Nei contesti più difficili bisogna accontentarsi di piccoli e graduali progressi, integrazioni parziali che rappresentano già di per sé un risultato significativo. È vero che l’integrazione sottintende una separazione ed ha come fine ultimo un adattamento a situazioni già esistenti.
Per esempio, si gioca a palla bruciata e la persona diversamente abile viene integrata nel gioco senza che vi sia una modifica delle regole fondamentali. L’integrazione è un passo intermedio importante a cui però deve seguire un’inclusione vera e propria. Alla base del principio dell’inclusione c’è l’impegno ad elaborare sin dall’inizio nuove regole che facilitino il dialogo tra tutte le diversità (v. esempio del progetto «Baskin»).
Un’opportunità da cogliere
In ogni caso valgono le stesse premesse, che devono essere soddisfatte imperativamente per poter lanciarsi con successo in un itinerario didattico che persegue l’inclusione delle eterogeneità.
La diversità viene vissuta come una chance – e non come un ostacolo insormontabile – da tutti gli attori della lezione e dagli allievi normodotati in particolare. Essa rappresenta una fonte di attrazione che i bambini stessi desiderano scoprire ed approfondire con il tempo. Ciò presuppone un confronto progressivo, armonico, privo di forzature.
In altre parole, l’integrazione non va a scapito del benessere né della persona normodotata né di quella diversamente abile, ed è fortemente auspicata da entrambe le parti. Il tema viene affrontato apertamente e tutti gli allievi sono consapevoli che la diversità è posta al centro dell’attenzione. Solo in questo modo, si può chiedere ai ragazzi di collaborare fattivamente affinché l’eterogeneità si mantenga equilibrata tra il dare e il ricevere.
Bibliografia: Weichert, W. (2003). Heterogenität attraktiv machen. In: sportpädagogik 4/2003.